In esclusiva- Strategie d'impresa: il caso Carioca

29 marzo 2023
Abbiamo Intervistato Giorgio Bertolo, direttore di Carioca spa, per parlare dell’andamento dell’azienda, delle politiche adottate, e scoprire le novità a venire e l’interessante lavoro intrapreso sull’archivio aziendale.

CARIOCA È UN MARCHIO STORICO, MA NEGLI ULTIMI ANNI È STATO OGGETTO DI IMPORTANTI RINNOVAMENTI: PUOI PARLARCENE?

L’attuale proprietà ha acquisito l’azienda storica con una serie di passaggi, a partire dal 2015, con la completa acquisizione a fine 2016. L’azienda storica, Universal spa, nasce nel 1953, costituita da Alessandro Frola, mentre il marchio Carioca nasce nel 1964  – circa 60 anni di storia, di cui stiamo raccogliendo materiali per ricostruire l’archivio aziendale e, per così dire, rimettere insieme tutti i pezzi per completare la storia dell’azienda, dei marchi e dei prodotti. Non esisteva un archivio e stiamo raccogliendo le fonti, in modo tale da avere una storia lineare e raccontabile dell’evoluzione dell’azienda e dell’evoluzione della marca. La ricerca per fortuna è resa possibile dal fatto che molti dei protagonisti di quegli anni – tra cui sfortunatamente non rientra il fondatore, morto molto giovane a fine anni ‘80 – siano ancora vivi e ci possano raccontare dell’azienda.

Un professore del politecnico ci sta supportando anche per raccogliere tutti i materiali pubblicitari, sia a stampa che – per esempio – gli spot di “Carosello” e tutte le comunicazioni. Abbiamo inoltre ricostruito la parte di archivio dei brevetti e intervistando diverse figure centrali.

Nei primi anni la priorità era quella di ristrutturare l’azienda, riportando il business operativo a livelli ottimali; oggi, dato che indubbiamente all’interno del valore di questa azienda, c’è anche la sua storia – poiché poche aziende possono contare su una storia di qualità di prodotto e familiarità del marchio, come quella di Carioca. Quindi c’è una giusta attenzione all’Heritage, un desiderio di raccontare questa storia.

L’azienda era entrata in crisi, soprattutto dal 2009 al 2013, abbastanza rapidamente e per scelte soprattutto industriali – relative al focalizzarsi su prodotti conto terzi e al relativo dispendio in asset industriali. L’azienda produceva gran parte dei grandi brand, e il marchio proprio era diventato via via meno importante e meno prioritario.

La struttura era appesantita dagli investimenti industriali – tra cui l’odierna sede che fu acquistata nel 2009 ma non era mai stata completato il trasferimento della produzione e degli uffici.

Nel 2015 il focus è stato quindi quello di ottimizzare e modernizzare la gestione e la nostra scelta industriale e commerciale è stata quella di individuare come nostra priorità il business Carioca; non a caso l’azienda ha preso il nome del marchio.

Oggi il conto terzi vale tra il 10 e il 15% del fatturato; quindi, è una parte marginale del business.

Il nostro unico stabilimento produttivo è quello di settimo, avevamo un piccolo stabilimento a barcellona, nato nel ’64 per bypassare l’autarchia di Franco, ed era rimasto presente fino a tre anni fa, quando lo abbiamo chiuso portando qui anche quella parte di produzione. Per fare ciò abbiamo anche semplificato e ridotto le categorie di prodotto concentrandoci sulla nostra categoria principale (marker, pennarelli, evidenziatori, etc).

Le altre categorie, come ad esempio le matite, sono prodotte da altri fornitori, in parte in Italia, in parte in Asia; anche per il fatto che dal 2019 abbiamo anche un socio cinese al 15%, nostro fornitore – diretto e indiretto – per il sourcing asiatico.

 

 CARIOCA ESPORTA IN MOLTI PAESI; QUANTO PESA IL FATTORE MADE IN ITALY SUL VOSTRO MERCATO?

Esportiamo in 85 paesi; i mercati più rilevanti sono il medio-oriente e il Sud America. Nel nostro export, il peso del made in Italy è vicino all’80%, superiore quindi alla percentuale totale, che è circa del 58-60%. E soprattutto sul sud America la forte presenza sul mercato era una posizione storica, cresciuta però esponenzialmente negli ultimi 3 anni. Il tema del made in italy e dell’esportazione in paesi non per forza a reddito pro-capite altissimo, non è tanto un tema di potere d’acquisto – anche per il tipo di prodotti che vendiamo di cui non c’è tanta offerta.

La scelta strategica che abbiamo fatto è quella di concentrarci sul bambino, quindi fascia 1-14 anni, in parte già lo era ma abbiamo rafforzato la posizione. Anche perché in tutti i mercati  sui prodotti della prima infanzia l’attenzione alla qualità, e quindi la vendibilità del fattore made in Italy, è molto più alta rispetto a un prodotto più funzionale e per un target adulto, come il mercato degli strumenti di scrittura, dove la competizione dell’India e della Cina è molto più aggressiva, e i benchmark – test di sicurezza e resa del prodotto – sono molto diversi.

Questo permette di entrare in mercati totalmente nuovi: la Turchia, ad esempio, è diventato un mercato importante, per noi il 4° mercato, e fino a 4 anni fa non aveva alcun peso. Siamo entrati in quel mercato con la gamma Baby, un prodotto estremamente caro, che costa indicativamente tre volte un prodotto “standard”, della stessa tipologia. Baby è stata la gamma trainante che si è affermata e ha poi permesso di entrare con altri prodotti e altre categorie. La stessa cosa è successa in Cina.

All’estero vendiamo soprattutto Made in Italy; mentre nei nostri due paesi principali – Italia e Spagna – che il prodotto sia Made in Italy o meno, è abbastanza irrilevante, sia da un punto di vista di tassazione, che da un punto di vista di consumer benefit, non è valorizzato più di tanto. Mentre in altri paesi, anche “inaspettati”, come ad esempio la Cina e la Sud Corea, il made in Italy vale molto di più perché è un elemento differenziante e distintivo. È il biglietto da visita e il punto di partenza per presentarsi a nuovi mercati.

Altro tema importante è quello dei dazi: i dazi giocano un ruolo significativo nella competitività dell’offerta. A differenza dell’Europea, in cui non esistono dazi su prodotti del far-east, molti mercati hanno dazi molto alti. Quindi, la ricerca del prodotto made in Italy, che ha una più bassa competitività di costi produttivi ma ha dei vantaggi legati all’assenza o minimizzazione dei dazi. Ad esempio l’import è più conveniente dall’Italia che dalla cine in mercati come Turchia, Africa e Stati Uniti. Si tratta di un discorso molto significativo poiché parliamo di dazi del 20-30% che cancellano ampiamente i gap di costo di produzione. Ho imparato, in questi anni, che il ruolo della geopolitica è sorprendente! Ed è curioso che il nostro settore – anche se relativamente “povero” – molto tradato nel mondo. Da un lato perché il prodotto è molto “lo stesso”, nel senso che la matita, il pennarello e l’acquarello è lo stesso che vendiamo in sud corea, in Cina e in Italia. Ci sono alcune differenze, ad esempio in asia le matite sono molto più usate; in Francia i bambini sono portati invece ad usare i pennarelli, e in America i pastelli, perché sono stati educati così dal mondo della scuola. I pesi delle categorie quindi cambiano. Anche la pittura, per esempio, è molto più diffusa nell’est, in cui dipingere è parte integrante del percorso scolastico, mentre in Italia l’uso del pennello è limitatissimo. Queste sono meccaniche legate al modello educativo, che definisce la penetrazione delle categorie, però i prodotti sono gli stessi e – non a caso – le marche sono le stesse: le grandi marche si trovano dappertutto, a fianco alle piccole realtà locali. Il valore dei nostri beni è relativamente basso, ma alto abbastanza per giustificare il trading e la creazione di global brand (cosa che ad esempio non succede con la carta in cui ci sono player locali, come anche il mondo degli zaini).

PARLIAMO DI ITALIA E DEI CANALI DI VENDITA: COME SI STANNO COMPORTANDO IL RETAIL E LA GDO?

Da relativamente poco – un anno e mezzo, due massimo – ci siamo un po’ riorganizzati in Italia e abbiamo diviso il mercato in due: un canale specialista ed uno generalista, e lo stesso abbiamo fatto in Spagna, poiché sono i due mercati che gestiamo direttamente la “route market”, mentre negli altri mercati abbiamo prevalentemente distributori. In Italia e spagna abbiamo la nostra rete, e abbiamo deciso di dividere questo profilo. Il canale specialista è quello relativo ai negozi che non trattano merce generalista ma solo quella tipologia di prodotto, come le cartolerie. La vendita in questo canale è diversa, perché richiede più competenze di prodotto, poiché il tuo interlocutore è più un esperto della materia; magari commercialmente hanno altre esigenze, da un punto di vista della struttura della filiera della vendita, dei contratti, della fine anno. Abbiamo agenti coordinati da due persone – una per il canale specialista e una per il canale generalista – GDO. La GDO più interessante al momento, più di quella tradizionale che sta gradualmente abbandonando il non food, è quella dei “superdrug”. Al momento, per Carioca, il canale generalista vale circa il 60%, e quello specialista il 40%. In Italia sono una ventina gli agenti che coprono il mercato – con un lavoro capillare sul canale specialista che richiede un numero maggiore di agenti.

Negli ultimi 3-4 anni il canale specialista è quello che è cresciuto di più nel nostro caso.

Le dinamiche degli ultimi anni, legate alla pandemia, hanno condizionato molto il mercato. Quello che si vede oggi – e non solo in Italia – è che si sta sviluppando un retail non food organizzato e sofisticato, che si sta imponendo e sta tirando fuori dalla GDO tradizionale molte categorie. Le categorie che guidano sono chiaramente la cura persona e la detergenza – che sono le categorie a più alti fatturati, ma queste si attaccano ad altre categorie di servizio non irrilevanti, come la cartoleria. Questi soggetti si stanno imponendo: catene di “superdrug” sempre più diffuse che svuotano il carrello della GDO tradizionale anche perché hanno spese di gestione più basse, grazie all’assenza di tutti gli sprechi e le cautele necessarie nella gestione degli alimentari.

Questi soggetti sono probabilmente i più importanti anche per il nostro merceologico e stanno crescendo. Il mondo delle cartolerie d’altro canto, che aveva avuto un progressivo declino negli ultimi 10 anni, oggi sta dando importanti segnali di ripresa ed è ritornato forte.

Noi stiamo investendo tanto su questo settore perché eravamo molto deboli negli anni precedenti eravamo diventati un marchio principalmente generalista e da GDO, per vari motivi di ordine soprattutto commerciale dell’azienda e per la forza dei competitor nel settore specialistico, che ci aveva un po’ espulsi da quel mondo. In questi 3 anni di grande crescita in Italia – poiché sono tre anni che cresciamo in media del 15% all’anno – abbiamo recuperato molto anche questo gap, che era un punto di debolezza precedente.

COME STANNO ANDANDO LE VOSTRE SCATOLE-GIOCO? QUALI SONO I PRODOTTI CHE STANNO FUNZIONANDO DI PIÙ SUL MERCATO ITALIANO?

Le scatole gioco non sono una cosa nuova per Carioca: tra fine ’90 e Duemila Carioca ha avuto un grande successo con questo tipo di prodotto, che era un po’ un’innovazione e aveva cambiato le regole portando poi altre aziende a creare i propri kit colore-gioco. Negli ultimi 3-4 anni abbiamo un po’ ripreso e rilanciato questa modalità d’acquisto, una modalità differente e lontana da quella ad esempio del mondo scolastico che ha una struttura molto codificata e quasi da “prescrizione medicale”. Abbiamo cercato di interpretare il nostro prodotto come una cosa che poteva entrare nel mondo del regalo e del gioco, quindi gli stessi prodotti sono stati proposti in modi e packaging diversi come le scatole di latta che fossero comode e belle da avere in casa. Soprattutto ha avuto fortuna il “Metro di colore”, in cui sicuramente la varietà e le dimensioni hanno forte richiamo. L’idea, in parte mutuata da confezioni simili della Kinder, si è quindi rivelata vincente, anche dal punto di vista di immagine e visibilità.

Poi da un punto di vista funzionale, due prodotti che si sono molto consolidati in questi ultimi tre anni dal punto di vista dell’Italia, sono stati la nostra matita Tita – matita in resina che si è imposta sul mercato italiano ed è oggi il nostro primo prodotto per volume – e la nostra cancellabile Oops, che commercialmente – soprattutto da Roma in giù – sta diventando l’apritore d’ordine, sostituendo i nostri prodotti storici Jumbo e Joy.

QUEST’ANNO QUALI SONO LE VOSTRE NOVITÀ?

La novità più significativa è sicuramente la Supercolor, matita in legno di più alta qualità rispetto alla Tita che è una matita d’accesso per la scuola elementare che spicca per la sua resistenza. La Supecolor ci permette di alzare il livello e dare una matita con più alte performance, in legno FSC ed esteticamente caratterizzata in maniera particolare.

La seconda novità è che abbiamo rifatto la nostra gamma di pittura (tempere e acrilici), cambiando le formulazioni, cambiano le bottiglie, che sono ora in materiali riciclati, e introducendo la linea di acrilici per la scuola, e cambiando tutte le confezioni – passando dalla plastica a una struttura di cartoncino, al cui interno c’è la tavolozza in plastica riciclata. Infine, abbiamo aggiunto una gamma di gessi colorati, che mancava nella nostra gamma di prodotti.

Tags: Strategie
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