I consumatori di oggi vogliono poter acquistare prodotti convenienti e di qualità, senza tralasciare il fattore sostenibilità; almeno per quanto riguarda una fascia, in crescita, di acquirenti più sensibili. In particolar modo, se si tratta di prodotti in legno o a base cellulosica.
Ma se il prezzo conveniente lo si può leggere sul cartellino e la qualità la si può verificare semplicemente testando il prodotto, come si può invece sapere se l’oggetto che si sta per comprare è ‘amico dell’ambiente’? La risposta: ‘cercando il marchio PEFC’, che certifica l’origine del prodotto.
Nato nel 1999, la certificazione PEFC (Programme for the Endorsement of Forest Certification schemes ) è oggi il più esteso programma di certificazione per la gestione forestale sostenibile al mondo e, in quanto tale, merita un approfondimento. Ecco perché abbiamo chiesto ad Antonio Brunori, Segretario generale PEFC Italia, di raccontarci le origini, le funzioni e le potenzialità del PEFC.
Sig. Brunori, ci racconti quando è partito il sistema PEFC in Italia e quale evoluzione ha avuto. A. BRUNORI - Nato nel 2001 su iniziativa di 12 Pubbliche Amministrazioni di tutta Italia, di alcuni proprietari forestali e di qualche operatore dell’industria del legno, PEFC Italia conta oggi più di 50 soci. In Italia come in altri Paesi, la certificazione forestale PEFC ha assunto nel tempo un ruolo importante non solo per il suo carattere ‘sociale’ ma anche per la sua potenzialità ‘commerciale’: oggi infatti viene considerata sia uno strumento di tutela delle risorse forestali che uno strumento di marketing in grado di dare valore aggiunto ai prodotti. Soprattutto da quando l’Unione Europea ha iniziato a parlare di ‘Green Public Procurement (GPP)’ - Acquisti verdi della Pubblica amministrazione - e da quando anche in Italia sono arrivate chiare direttive per l’applicazione di questa norma europea, l’interesse per tutto ciò che ha un’origine forestale ‘legale e sostenibile’ è letteralmente ‘esploso’. Basta pensare che nel 2009, anno caratterizzato da una profonda crisi e da un’economia stagnante, il PEFC è riuscito a fare lo stesso numero di certificazioni registrato negli 8 anni precedenti. E anche quest’anno sta andando bene.
Quali sono stati i primi settori che si sono interessati alla certificazione PEFC? E quali invece vi si sono avvicinati solo ultimamente? A. BRUNORI - All’inizio se ne è interessato esclusivamente il mondo del legno (segherie, carpenterie ecc.), in quanto direttamente collegato alla problematiche della gestione dei boschi. Solo successivamente c’è stata una presa di coscienza e si è iniziato a pensare che sulla salute delle foreste infl uiva parecchio anche tutta la produzione di prodotti a base cellulosica. A quel punto quindi anche le grandi cartiere, le cartotecniche e le aziende produttrici di articoli di cancelleria si sono avvicinate al PEFC e il mercato ha così iniziato a riempirsi di risme di carta, carte da decoro, carte stampate, carte tissue certificate.
Soffermiamoci ora sugli aspetti più ‘tecnici’ del PEFC - A. BRUNORI - Lo schema di certificazione forestale PEFC in Europa è fondato su tre principi fondamentali:
Bisogna però specificare che esistono due tipi di certificazione PEFC:
Certificazione di Gestione Forestale Sostenibile che dà garanzia che le foreste siano gestite in maniera sostenibile. Al fine di ottenere la certificazione, viene annualmente condotta una verifica completa della gestione della foresta da parte di un organismo di certificazione accreditato e totalmente indipendente rispetto al PEFC.
Certificazione di Catena di Custodia, un sistema per tracciare il materiale certificato dalla foresta al prodotto finito, fornendo così garanzia che il prodotto provenga a tutti gli effetti da una foresta certificata. Anche la certificazione di Catena di Custodia viene emessa da un organismo di certificazione indipendente e accreditato che verifica che il sistema di registrazione del flusso del legno di un’azienda soddisfi i precisi requisiti dello schema di certificazione PEFC.
Criteri e indicatori
Uno dei problemi fondamentali nell’applicazione dei sistemi di eco certificazione consiste nella definizione dei criteri e degli indicatori della ‘gestione forestale sostenibile’ (GFS), ovvero dei parametri quantitativi e qualitativi (descrittivi) che, quando periodicamente misurati o osservati, permettano di valutare le performance ambientali e la sostenibilità dei sistemi di gestione forestale. Per la gestione dei boschi sono 90 i parametri da rispettare, 64 obbligatori e gli altri solo informativi (alcuni dei quali però diventano a loro volta obbligatori ogni 5 anni). Questo significa che la norma è in continuo miglioramento. Per la tracciabilità dei prodotti cellulosici invece i parametri sono più semplici; quello che è fondamentale in questo caso è fornire la garanzia che il materiale certificato ‘in entrata’ sia esattamente lo stesso (anche nelle quantità) di quello ‘in uscita’ che compone l’oggetto finito.
Rispetto ad altre certificazioni, cosa offre di più il PEFC? A. BRUNORI - Il PEFC si pone come alternativa agli altri sistemi di certificazione esistenti, primo fra tutti il Forest Stewardship Council (Certificazione FSC), ritenuto in alcune situazioni inadeguato. Se per quanto riguarda la Catena di Custodia i due sistemi sono praticamente interscambiabili (entrambe legate alle norme ISO 9000), per la Gestione Forestale Sostenibile invece le differenze sono fondamentali: l’FSC è nato infatti nel 1993 appositamente per le foreste tropicali, mentre il PEFC è nato nel 1998 per quelle boreali. La scelta di usare l’una o l’altra certificazione dipende quindi dalla provenienza del materiale legno con cui l’azienda deve lavorare.
Come si è modificato il comportamento della società, delle aziende produttrici e dei rivenditori nei confronti di tali certificazioni? A. BRUNORI – Sicuramente, rispetto a dieci anni fa, il consumatore dimostra oggi più sensibilità verso le tematiche sociali e ambientali, ponendosi sempre più domande sui processi produttivi e sulla provenienza delle materie prime. Un cambiamento progressivo che ha inevitabilmente portato ad un comportamento diverso anche da parte di produttori e distributori: per continuare a soddisfare al meglio il proprio cliente le aziende hanno iniziato ad utilizzare la certificazione come strumento di marketing, come elemento che, dando un valore in più all’oggetto, doveva essere valorizzato per stimolare le vendite. Un esempio significativo in tal senso arriva dalla Germania, dove Staedtler è stata premiata per la sua matita realizzata con legno certifi cato PEFC. Ciò significa che accanto agli aspetti qualitativi, che sono sempre stati in prima linea nella scala di valutazione di un prodotto, oggi viene data molta importanza anche alle caratteristiche di sostenibilità. La stessa cosa in Italia è avvenuta con le matite GIOTTO di FILA: di recente realizzazione, la campagna promozionale di sensibilizzazione che invita ad acquistare le matite GIOTTO DI NATURA per aiutare i bambini meno fortunati nati in Paesi dove né le foreste né i diritti dei bambini vengono rispettati.
Il futuro quindi è il ‘Green Marketing’? A. BRUNORI - Si, il ‘Green Marketing’ come strumento per differenziarsi sul mercato. La certificazione rappresenta infatti quell’elemento in più in grado di orientare la scelta del consumatore che si trova davanti a prodotti con stesso prezzo e apparentemente la stessa qualità. Anche le Pubbliche Amministrazioni stanno contribuendo molto al cambiamento: nelle gare d’appalto accade infatti sempre più spesso che sia prevista l’assegnazione di punti in più nel caso l’offerta dell’azienda comprenda prodotti certificati; inutile dire che questo è un ottimo richiamo per chi produce.
Ci parli della situazione italiana…A. BRUNORI - A differenza di Paesi quali la Scandinavia, la Germania e l’Olanda, dove il 40% della popolazione è sensibile alle tematiche ambientali e conosce bene le certificazioni, in Italia siamo ancora diffidenti al riguardo: solo il 3-4% della popolazione italiana infatti apprezza questi concetti. Anche all’interno del mondo produttivo l’Italia presenta numeri molto bassi: solo l’1% delle aziende ha chiesto oggi la certificazione, mentre nelle altre nazioni si parla già del 10-15%.
In ultimo, uno sguardo ai settori più ‘sensibili’ A. BRUNORI - Le aziende che nell’ultimo periodo hanno alimentato sempre di più il loro carattere ecosostenibile sono sicuramente le cartotecniche. Osservando il mercato, ad esempio, si registra un deciso aumento delle carte da regalo certificate, mentre c’è una situazione incoraggiante per i prodotti di cancelleria e nell’oggettistica.