La conoscenza necessaria, e il coraggio di guardare da una
prospettiva diversa all’esistente sono gli ingredienti dell’intuizione alla
base del progetto di IsusChem. Un’intuizione semplice ma geniale, perché le
molecole usate all'interno degli inchiostri da stampa (la cui domanda europea è
di un milione di tonnellate per anno, di cui 250.000 con inchiostri formulati a
base di solventi vegetali) sono molto simili a quelle dei derivati degli oli di
scarto.
Di qui l'idea di sostituirli, trovando in un solo colpo la
soluzione a due problemi: quello dello smaltimento degli scarti oleosi e di
reperimento delle materie prime (che impatta sull’ambiente in molti modi).
Gli esiti sono sorprendenti: il potere solvente è risultato
di gran lunga superiore e i prodotti da stampa si sono rivelati il 35-40% più
sostenibili.
La start-up partenopea - spin-off del dipartimento di Scienze
Chimiche della Federico II – è nata, infatti, con l'obiettivo di valorizzare a
livello industriale i prodotti derivati da oli esausti. Nel 2019 ha avviato la
prima, importante produzione.
Green chemistry, è il nome dato a questa ed altre buone
pratiche nel comparto chimico; un'espressione che racchiude tutti gli approcci
volti a rendere i processi chimici sicuri e sostenibili dal punto di vista
ambientale, in termini di una riduzione drastica dell'inquinamento.
"… Siamo partiti proprio da qui, dall'idea che gli oli
di frittura usati possano essere una risorsa più che un problema - conferma a
la Repubblica Vincenzo Benessere, ceo di IsusChem - e che contengano un'alta
concentrazione di oli vegetali usati, le cui modificazione producono sostanze
come acido azelaico e acido pelargonico. Il primo era già usato in ambito
farmacologico e tessile, il secondo sembrava non servire a nulla. E invece ci
siamo accorti che una sintesi di questa sostanza è utile al processo produttivo
di inchiostri da stampa offset. Con un importante risparmio economico nella
produzione e un impatto ambientale minore in termini di gas serra emessi".
Si calcola, infatti, che fino al 40% della formulazione di
un inchiostro per la stampa proviene da una materia prima a base vegetale che,
come sottolinea Benessere, "consuma suolo e compete con la coltivazione di
prodotti alimentari ed è dunque una materia prima rinnovabile ma non
sostenibile eticamente e da punto di vista ambientale". L’impiego di
sostanze che derivano da oli di scarto riduce quindi sensibilmente l'impatto
ambientale, incrementa la sostenibilità degli inchiostri e, come sottolinea il
ceo della startup, "rende più nobile un prodotto come l'olio di frittura
usato che altrimenti andrebbe termodistrutto".
"Tutto è nato perché, come chimici e accademici,
volevamo dare un contributo concreto favorendo un nuovo approccio nella
conversione delle biomasse di scarto, tanto più in un territorio in cui il tema
dell'ecosostenibilità è da sempre stato cruciale per il progresso territoriale
e la lotta alle ecomafie". spiega ancora Vincenzo, che - accompagnato da
Martino Di Serio, che ha proposto lo spin-off per il dipartimento di Scienze
Chimiche - ha coordinato i gruppi di ricerca Metor e NICL.
"D'altronde - riattacca Benessere - non vi è
circolarità senza riutilizzo di scarti, senza riduzione dell'energia impiegata
da un processo, senza una vera produzione circolare di sostanze che verranno
poi immesse sul mercato. La green chemistry sarà, sempre più, uno dei
principali motori di una nuova economia, più giusta a livello sociale e
ambientale".
Una storia di competenza e passione all'ombra del Vesuvio a
cui il mercato sembra essere fortemente interessato. "I maggiori clienti
attuali sono italiani con un certo interesse in Campania", spiega
Benessere. "E del resto andiamo in una direzione per cui le sinergie
industriali siano ben radicate sul territorio e i mercati soprattutto di 'prossimità',
perché siamo ben consapevoli del fatto che anche il trasporto incide
particolarmente sulle emissioni complessive di gas serra".
E la storia di startup come IsusChem pare confermare il
trend sempre più verde delle nuove aziende made in Italy, con ottime performance
in Campania: qui il numero delle startup innovative ha sfondato quota 1400 e
vale alla regione il terzo gradino sul podio, alle spalle di Lombardia e Lazio.