Gionata Alfieri: I mille colori della natura, tra disegno, pittura e insegnamento

26 agosto 2021
Abbiamo intervistato Gionata Alfieri, tra gli illustratori più riconoscibili degli anni ’90 e 2000 grazie alla collaborazione con Erbolario, Gionata Alfieri è insegnante di pittura e disegno, e si è sempre dedicato a soggetti naturalistici

Come ti sei avvicinato al disegno e all’illustrazione? Qual è stato il tuo percorso?

Sin da bambino ho sempre disegnato; da ragazzino- chissà perché – il mio sogno era fare i cartoni animati. Essendo nato negli anni sessanta sono figlio della televisione, che era onnipresente. Poi mi sono scoperto negato per fare sia fumetto che animazione, però ho continuato a disegnare. Ho fatto il liceo artistico, poi la scuola di grafica e illustrazione applicata all’industria, del castello sforzesco. La cosa bella è che da allievo, dopo anni, la mia professoressa di illustrazione mi ha chiamato chiedendomi se volevo andare a insegnare. Ho insegnato molti anni nella sede di via giusti. Dopo a quella scuola, ad ogni modo, ho iniziato subito con l’editoria, in casa editrice. Alla fiera del libro per ragazzi di Bologna ho girato con il mio portfolio a presentarmi, e ho conosciuto l’art director di una casa editrice - la Fatatrac , con sede in toscana – a cui piacquero i miei lavori. Quando lei aprì una casa editrice sua, la Cartusia, mi chiamò,  e io ho iniziato così. Poi mi è sempre piaciuta la natura e sono stato felice quando ho avuto la possibilità di lavorare per Airone e Airone Junior, dedicato al mondo dei ragazzi. Lo stacco l’ho poi fatto quando ho incontrato l’art director dell’Erbolario.

Io non ho mai smesso di insegnare. Parallelamente al lavoro da illustratore – e un po’ da grafico – non ho mai smesso di insegnare nelle scuole private, e a fare laboratori nelle scuole elementari da esterno (non avendo fatto l’accademia). Dal 2007 mi dedico principalmente all’insegnamento organizzando corsi di pittura, in particolare di acquarello, e propongo workshop di acquarello naturalistico e botanico.

Oltre all’insegnamento continuo a lavorare su commissioni private, come ritratti di cani o gatti. Qui può far sorridere, ma in luoghi come la Gran Bretagna è una cosa comunissima. Mi è  anche capitato di lavorare nel mondo della carta, decorando carte regalo, agende e materiali di cartotecnica.

 

Qualche rimpianto del passato?

Nessun grande rimpianto, ma qualche “e se invece fosse andata così?”

Probabilmente perché non sono un bravo imprenditore di me stesso. Se avessi avuto un carattere più intraprendente, o una persona vicina forte verso l’esterno avrei potuto fare di più. Anche a livello di energie credo di essere abbastanza “monolitico”, aspetto un po’ negativo del mio carattere. Per me il massimo era dall’Erbolario: andavo dall’art director, prendevo la commessa, e una volta approvato il bozzetto rientravo a casa e alcuni lavori, come certe scatole regalo, erano lavori di 3-4 mesi. Ed era il massimo, perché per 3-4 mesi – a parte le ore di insegnamento – mi mettevo in studio con la mia musica e potevo immergermi nel lavoro. Soffrivo molto invece quando lavoravo per le agenzie di pubblicità che avevano ritmi pazzeschi, e chiedevano continui feedback. L’agenzia magari mi chiamava al mattino e mi chiedeva l’illustrazione per il giorno dopo, anche chiedendomi molte modifiche in corsa. Quando ho iniziato io inoltre c’era il fax, non il computer. Non c’erano i mezzi che ci sono ora. Capitava di dover fare magenta  (dove abitavo ed abito)– Milano e ritorno, magari solo per far vedere un bozzetto.

 Quando sono stato contattato dall’Erbolario ero stato contattato anche dalla Ravensburgher- casa editrice tedesca molto importante – volevano facessi un libro pazzesco su spaccati di navi, camion etc. e ho rinunciato per andare all’Erbolario, anche per pigrizia. E fino a qualche anno fa mi chiedevo cosa sarebbe successo se avessi scelto di collaborare con quella che era una delle più grandi case editrici tedesche.

 

Per le tue illustrazioni naturalistiche ti devi documentare molto?

A livello di documentazione è importante conoscere quello che dipingi.

Lo dico sempre ai miei allievi: “se conosci quello che dipingi sei già a metà dell’opera”, quello per forza. Avendo sempre avuto la passione per gli animali, per le piante e i fiori, per me è stato anche facile. Nel senso che è una passione che avevo, che ho sempre avuto e che ho ancora. Probabilmente se la Ravensburgher mi avesse proposto un libro sugli animali, ora lavorerei per loro e parlerei in tedesco … Alla fine uno fa tutto, ho dipinto di tutto per lavoro, ma sul momenti l’idea degli spaccati mi aveva proprio demotivato.

Comunque io non ho mai lavorato per testi scientifici, quindi un animale o un fiore, nel momento in cui li fai per una scatola o altre cose ma non scientifiche, puoi permetterti alcune imprecisioni. Poi dipende da te: io sono un maniacale e quindi, ad esempio, quando lavoravo per l’Erbolario nel momento in cui dovevo fare una pigna o un uccellino, io di quella pigna, quel fiore e quell’uccellino  mi andavo a guardare 2000 foto, o se potevo prendevo il fiore dal vero. Però rimaneva un minimo di libertà. Per anni ho fatto parte di un’associazione che si chiama Flora Viva, che è un’associazione di pittori botanici italiani. Una delle ragioni per la quale sono uscito dall’associazione era proprio che loro avevano in mente un’idea del disegno botanico troppo chiusa. Neanche di precisione ma con grossi limiti: consideravano solamente l’acquarello – cosa poco sensata perché i primi pittori botanici lavoravano addirittura con le tempere; e ci sono grandi maestri che tutt’ora lavorano con gli acrilici e l’olio.

 

 

 

Quali tecniche usi? Come vedi il digitale nel mondo dell’illustrazione?

Alla tecnologia non mi sono convertito. Molti miei colleghi si sono convertiti al digitale, anche perché lo richiedevano le case editrici, e un po’ l’ho pagata. Perché velocizzi molto. Il computer ha contribuito a livellare verso il basso il livello di cura e di tecnica. Inoltre la rete ha dato la possibilità all’art director di andare a cercarsi in rete le immagini pagando pochissimo se non a gratis. Quindi a meno che non ci siano progetti particolari non si fanno più commissioni ma si va in rete a reperire il materiale. E questo sicuramente ha penalizzato molto gli illustratori.

Per quanto riguarda i supporti ho sempre lavorato sulla carta, di vari spessori. Quindi da fogli leggeri a cartoni. Perché a seconda di quanta acqua usi, hai bisogno di una diversa grammatura. Quindi dai 200 grammi, fino ai 600/800 grammi, che sono essenzialmente dei cartoni. Ho dipinto anche su legno, ma la maggior parte su carta. Considerando anche che essendo tutti lavori commissionati, andavano tutti scansionati per gli usi industriali e di riproduzione, era anche una richiesta degli studi.

Le tecniche in realtà le ho usate tutte: la tempera, l’acrilico, tranne l’olio perché non tollero l’odore della trementina. Uso poco la matita: solo per disegnare ma non per il chiaroscuro. Il bianco e nero non mi attira, non mi affascina. Le matite colorate invece tantissimo. Tutto ciò che è Bianco/Nero (grafite, carboncino, china) non mi ha mai attirato e quindi l’ho usato sempre poco. Mentre il colore è sempre stato quello che mi appassionava, quindi matite colorate, pastelli a cera, pastelli ad olio. Anche tecniche miste.

Quali sono i tuoi strumenti di disegno preferiti? E le marche che prediligi?:

Acquarelli Winsor & Newton Professional (serie Codman per gli allievi), sia in pastiglia che in tubetto. Matite colorate, Derwent e soprattutto Stabilo. Matite comunque morbide. Pennelli Winsor & Newton e anche “da Vinci”, io uso la martora ma ora ci sono anche degli ottimi sintetici che fino a qualche anno fa, almeno per l’acquarello, erano orribili. Uso anche molto i pennarelli Stabilo. Si possono diluire tral’altro anche se in pochi lo sanno. Diluendoli con l’alcol si ottengono degli ottimi effetti di sfumato. Li faccio usare anche nelle scuole, anche per motivi di impugnatura. E anche per la luminosità dei colori. Carta Fabriano.

Disegni anche “per te stesso”?

Faccio anche disegni per me, di solito i soggetti sono paesaggi delle marche, che sono la mia terra d’origine,  ma soprattutto gatti. Il gatto mi viene spontaneo. Non ce l’ho neanche, ma mi è sempre piaciuto. Ora li sto dipingendo su fogli di giornale e di riviste dell’inizio del Novecento e lavoro con l’acrilico. Poi li dipingo per me ma capita anche di venderli a persone che passano in studio…

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